IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Ritiene il pretore di dover sollevare d'ufficio questione di costituzionalita' dell'art 2, commi 1 e 5 della legge n. 146/1990 per contrasto con l'art. 24 della Costituzione. Rilevanza La questione sollevata riguarda la costituzionalita' dell'art. 2, commi 1 e 5 della legge n. 146/1990 (norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della commissione di garanzia dell'attuazione della legge) nella parte in cui non prevede, nel caso dell'astensione collettiva dall'attivita' giudiziaria degli avvocati e dei procuratori, gli strumenti idonei ad individuare e assicurare obbligatoriamente le prestazioni nel caso di un procedimento penale relativo a un reato prossimo alla prescrizione e nel quale vi sia stata costituzione di parte civile. Palese e' la rilevanza, essendosi i difensori degli imputati espressi nel senso dell'adesione all'astensione collettiva proclamata dall'Unione delle camere penali nazionali ed avendo cio' comportato la mancata celebrazione del processo a carico degli imputati (come da ordinanza dibattimentale cui si rinvia). Non manifesta infondatezza Si dubita che la norma impugnata sia conforme all'art. 24 della Costituzione. Gia' nella sentenza n. 114 del 1994 la Corte costituzionale indicava con preoccupazione le gravi conseguenze che all'esercizio della giurisdizione possono derivare dall'astensione collettiva dall'attivita' giudiziaria degli avvocati e procuratori legali. La Corte, nel rilevare come non vi fossero motivi per cui dovessero rimanere esenti da regolamentazione forme di proteste collettive che compromettano, al pari dello sciopero, il pieno ed ordinato esercizio di funzioni, come quella giurisdizionale, che assumono rilievo fondamentale nell'ordinamento, invitava il legislatore ad introdurre una disciplina che colmasse la lacuna. A due anni di distanza, la Corte doveva prendere atto che la lamentata situazione si era deteriorata a tal punto da destare allarme per il ripetersi di astensioni non regolamentate, si' che acuto e' il disagio e concreto il pregiudizio per l'amministrazione della giustizia e, conseguentemente, per i diritti fondamentali della persona che in essa trovano tutela. Conseguentemente, con sentenza n. 171/1996, la Corte dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art 2, commi 1 e 5 della legge n. 146/1990, nella parte in cui non prevede, nel caso di astensione collettiva dall'attivita' giudiziaria degli avvocati e procuratori legali, l'obbligo di un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell'astensione e non prevede altresi' gli strumenti idonei a individuare e ad assicurare le prestazioni essenziali, nonche' le procedure e le misure conseguenziali nell'ipotesi di inosservanza. A parere del remittente, il vulnus di incostituzionalita' deve oggi (nel silenzio del legislatore), esplicitamente colpire la norma in oggetto anche sotto il profilo che la stessa non prevede un concreto meccanismo per assicurare la necessaria prestazione che possa evitare l'incombente esito processuale della prescrizione del reato. Tale prescrizione, del resto, nel procedimento in oggetto, non e' una mera eventualita' ma un'incombente dato di fatto, se e' vero che essa verra' a realizzarsi l'indomani, nel marzo del 1988. Solamente la rapidissima celebrazione del processo puo' scongiurare tale esito, altrimenti ineludibile. La salvaguardia degli spazi di liberta' riservati ai singoli e ai gruppi, del resto, come piu' volte e' stato ribadito, non puo' compromettere i beni primari della convivenza civile che non tollera paralisi della funzione giurisdizionale, fino ad esiti che, come la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, sono un'aperta dichiarazione di incapacita' di rendere giustizia. Gli spazi di liberta' di cui sopra, comunque, non possono escludere o comprimere altri valori costituzionali meritevoli di tutela, attribuiti ai soggetti destinatari, a vario titolo, della funzione giurisdizionale. Tra tali soggetti, va sicuramente ricompresa la parte offesa civilmente costituitasi nel giudizio penale. Essa ha un diritto (costituzionalmente protetto: art. 24 della Costituzione ad agire in giudizio per la tutela del proprio diritto. Tale diritto non puo' essere violato (sotto forma anche del ritardo del suo riconoscimento) o, comunque, posposto a quello riconosciuto ai singoli e ai gruppi quale manifestazione di un conflitto collettivo, sociale o politico che sia.